Tutela del Saarloos WolfHund in Italia
Ipertermia maligna
Disturbo di origine ereditaria, a trasmissione autosomica
dominante, caratterizzato dall’improvviso e rapidissimo aumento
della temperatura corporea fino a valori superiori ai 41 °C, in
seguito all’inalazione di anestetici inalatori (gas e vapori
anestetici quali alotano, metossifluorano, ciclopropano) o alla
somministrazione di farmaci miorilassanti (curarici), in
particolare la succinilcolina. Al di fuori degli attacchi il
soggetto appare del tutto normale e il primo episodio può accadere
inatteso e imprevedibile. Una parte rilevante dei soggetti che
sviluppano forme di ipertermìa maligna presenta valori basali di
creatinfosfochinasi (CPK), un enzima di origine muscolare, molto
superiori alla norma. I sintomi, oltre al rapido aumento della
temperatura corporea, sono: difficoltà al rilassamento durante
l'induzione dell'anestesia, tachicardia sostenuta, tachipnea,
cianosi, fascicolazioni muscolari (con la succinilcolina), rigidità
muscolare (con rischio di rabdomiolisi e insufficienza renale
acuta), ipotensione (fino allo shock). La terapia delle forme in
atto prevede la somministrazione di dantrolene sodico subito dopo
l’immediata cessazione della narcosi, il controllo della
temperatura con i mezzi fisici e farmacologici disponibili, il
supporto delle funzioni vitali. Nelle persone suscettibili di
sviluppare l’ipertermìa maligna, l’anestesia (quando indifferibile)
deve essere condotta con altre tecniche (loco-regionali) o con
altri farmaci (per esempio, barbiturici, oppiacei, benzodiazepine,
neurolettici).
anestetici: farmaci che producono modificazioni reversibili a
livello del sistema nervoso, producendo una perdita temporanea
della sensibilità dolorifica e della coscienza (vedi
anestesia).
I farmaci anestetici possono essere classificati in anestetici
generali, anestetici locali e preanestetici.
I primi agiscono producendo una perdita della coscienza estesa a
tutto l'organismo, e possono essere somministrati per inalazione
(gassosi o volatili) o per via endovenosa.
Gli anestetici locali, invece, sono farmaci che bloccano la
conduzione degli stimoli nervosi direttamente sul tessuto nervoso.
La durata dell'effetto può essere potenziata dall'associazione con
un farmaco vasocostrittore, che ne ritardi l'assorbimento
ematico.
L’uso di anestetici locali iniettabili è consentito
nell'attività sportiva con una serie di limitazioni: possono essere
utilizzate bupivacaina, lidocaina, mepivacaina, procaina ma non
cocaina; possono essere utilizzati agenti vasocostrittori come
l’adrenalina, ma soltanto su giustificazione medica e tramite
iniezioni locali o intra-locali.
(o anestesia peridurale, narcosi, anestesia epidurale), perdita
della sensibilità in alcune zone del corpo. Può essere provocata da
patologie (anestesia organica) o essere indotta dall’uomo
(anestesia artificiale); può essere periferica se localizzata in un
solo distretto corporeo e se il paziente è cosciente, oppure totale
se la sensibilità viene perduta dal corpo intero e se il paziente
non è cosciente. L’anestesia periferica, o locale, viene utilizzata
in caso di interventi chirurgici di modesta entità, e viene indotta
attraverso l’utilizzo di anestetici. L’anestesia totale, o
generale, viene praticata somministrando gli anestetici per
inalazione o per via endovenosa.
Curarici: farmaci che possono essere o di origine vegetale o di
produzione sintetica (curaro), che agiscono sulla muscolatura
volontaria paralizzando la trasmissione degli impulsi dai nervi
motori alle fibre muscolari striate.
Possono essere competitivi (antagonizzano l'acelticolina) e
depolarizzanti (provocano un accumulo dell'acelticolina nelle
giunzioni neuromuscolari, causando il blocco della trasmissione
degli stimoli).
La paralisi colpisce i muscoli delle plapebre, gli oculomotori, del
collo, faringei e laringei e degli arti.
Bloccano anche i muscoli intercostali e il diaframma, causando
asfissia.
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